Un’etichetta discografica, nel 2022, può essere un valore aggiunto?
A questa domanda, la prima risposta che mi viene da dare è: dipende. Dipende da tante sfaccettature del prodotto artistico/progetto che viene proposto all’etichetta discografica.
Ma andiamo in ordine analizzando alcune casistiche di “produzioni” che vengono realizzate dagli artisti e proposte all’etichetta.
Caso 1.
Se una persona che decide di creare e registrare un brano lo fa con l’unico scopo di provare ad inserirlo sui digital store e di conseguenza nelle varie playlist, ma non ha un progetto di sviluppo, di crescita artistica di sé stesso e della propria musica a medio lunga scadenza, io credo non ci sia alcuna necessità di una etichetta discografica. Esistono sistemi di diffusione della propria musica di facile fruizione (TuneCore, Distrokid solo per citarne alcuni) che permettono questo in totale indipendenza. Facile per chiunque.
Caso 2
Se una persona che decide di creare e registrare un brano ha invece un progetto musicale e di sviluppo artistico a medio lunga scadenza, è un bravo songwriter o si affida a bravi autori, ha budget a sufficienza per pagare uffici stampa e promozione, ottimi musicisti e fonici per realizzare brani di qualità, conosce il mondo del live e sa quali sono i concorsi migliori dove poter riuscire a partecipare e a mettersi in luce; e oltre a tutto questo, che non è poco, ha l’esperienza e la lucidità analitica per capire se ogni piccolo passo che fa va nella direzione musicale e artistica giusta,…. anche in questo caso non credo serva un’etichetta discografica.
Anzi, viste le tantissime cose che sa fare, consiglio alla persona di aprire lui stesso un’etichetta.
Il vero problema è che un’etichetta discografica (prima di capire se essere o non essere lei stessa un valore aggiunto), dovrebbe riconoscere se c’è un valore o meno nel progetto proposto. Siamo in un’epoca in cui tutti possono creare il proprio brano nella propria cameretta con semplici software, e questo induce a pensare, con troppa facilità, di essere dei musicisti….
Mi spiego meglio…anche io posso comprare mattoni e cemento, ma non è detto che riesca a costruire una casa che sta in piedi…
A parte la metafora provocatoria, il vero senso o valore aggiunto che dir si voglia di un’etichetta indipendente, è l’esperienza delle persone che ne fanno parte, è il confronto continuo su ogni aspetto che, se da un lato vi fa perdere un po’ di tempo perché il confronto e il lavoro fatto insieme “rallenta” di un po’ il lavoro, dall’altro ve ne può far guadagnare tanto perché vi evita di sbagliare strada.
Un team di persone esperte (l’etichetta) da cui si è seguiti, lavora sulla qualità del progetto. Qualità che non è solo “il sound” del brano, la qualità delle canzoni e la creazione di un immagine credibile e coerente al progetto. Ma è anche il modo di presentarsi alle testate, l’organizzare interviste. Tutto questo, quando lo si fa “accompagnati” da un’etichetta, risulta molto più convincente rispetto a quando il singolo artista lo fa da solo. Tutto acquista “credibilità”.
Oltre a questo un’etichetta vi può anche fornire dei servizi più adatti al vostro percorso, ad assistervi nella difficile e tante volte impervia e costellata di pericoli carriera nel mondo della musica. In un certo modo, vi può aiutare e proteggere.
Ma mi raccomando, se vi va di cercarne una, scegliete quelle etichette che mettono per iscritto ogni cosa, che rispondano alle vostre domande. Che siano persone che vi incontrano e che mettano la faccia. E che non vi prendano in giro.
Ovvio che se pensate di sapere già tutto, di essere produttori che Giorgio Moroder o Nile Rodgers vi fanno un baffo, di avere una perfetta conoscenza riguardo al mercato discografico, bhè, evitatele proprio le etichette discografiche.
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