L’industria della canzone, pubblicato da Laterza e scritto da Gianni Sibilla.

Intro
Ogni giorno nel mondo vengono rilasciati migliaia di nuovi brani, eppure pochi di noi si rendono conto della vastità e complessità dell’industria musicale. Come riesce a sostenersi un settore che produce oltre 36 milioni di canzoni all’anno, ma in cui la maggior parte dei brani raggiunge solo un pubblico limitato? Il saggio L’industria della canzone di Gianni Sibilla ci guida attraverso i segreti e le sfide del music business di oggi, esplorando le dinamiche produttive, economiche e culturali che influenzano il successo o l’anonimato di un brano.

Il sovraffollamento della musica e la sostenibilità dell’industria discografica
Senza nemmeno accorgercene, spesso ci ritroviamo ad ascoltare in loop le stesse canzoni su radio e piattaforme di streaming. Eppure, ogni giorno nel mondo vengono rilasciati circa 100.000 nuovi brani, per un totale annuo di oltre 36 milioni di nuove tracce. Questa cifra è incredibile, considerando che la maggior parte di queste canzoni ottiene solo qualche centinaio, o addirittura poche decine, di ascolti. Viene quindi da chiedersi come riesca a sopravvivere un’industria apparentemente così prospera. A questo quesito risponde il libro L’industria della canzone, pubblicato da Laterza e scritto da Gianni Sibilla, giornalista, docente universitario e direttore del Master in Comunicazione Musicale dell’Università Cattolica. Questo saggio offre una visione completa dell’industria musicale, svelando alcuni degli aspetti più intriganti e meno conosciuti del settore.

Le fonti di reddito per gli artisti
Che la musica registrata non generi più i profitti di una volta è emerso chiaramente durante la pandemia, quando numerosi artisti hanno denunciato pubblicamente che, senza i concerti dal vivo, si sarebbero trovati in gravi difficoltà economiche. Anche il report 2023 di Spotify, intitolato Loud & Clear e che analizza i dati di streaming della piattaforma, evidenzia che qualcosa non funziona. Come riportato nel libro, Spotify rivela che “Tra il 2018 e il 2023, è raddoppiato il numero di artisti che guadagnano oltre un milione di dollari dalla piattaforma, così come quelli che superano i 10.000 dollari; più di 50.000 artisti guadagnano oltre 50.000 dollari”. Sembra una buona notizia, ma non del tutto: Sibilla fa notare che 10.000 dollari equivalgono a circa tre milioni di stream. Per questo motivo, molti musicisti cercano fonti di reddito aggiuntive oltre alla vendita di album e ai concerti, come merchandising, incontri con i fan, sincronizzazioni in pubblicità o colonne sonore, e masterclass.

L’importanza delle collaborazioni musicali
La crescente popolarità dei featuring (collaborazioni tra artisti) e dei joint album (album realizzati a quattro mani) si spiega proprio in questo contesto. Collaborare con altri artisti è certamente gratificante a livello creativo, ma è anche un modo per ampliare le opportunità di guadagno grazie alla cosiddetta “cross pollination”: ovvero attrarre nuovi ascoltatori dalla fan base degli altri artisti. Questa pratica è facilitata dalle interfacce delle moderne piattaforme di streaming. Come osserva Sibilla, “I duetti spesso si realizzano a distanza e, talvolta, l’aspetto artistico è del tutto marginale; non è raro che queste collaborazioni siano presentate come spontanee, mentre in realtà sono pianificate dalle case discografiche come puri strumenti di marketing e posizionamento”.

Le dinamiche produttive dell’industria musicale
Un elemento che caratterizza l’industria musicale di oggi è la mancanza di romanticismo. Sibilla paragona le canzoni a dei software, sottolineando che “La scrittura di una canzone è come la scrittura di un codice, che porta al prodotto finito”. Nel tempo, sono cambiati i “linguaggi di programmazione”, l’hardware su cui girano le canzoni, le tecnologie a disposizione dei creatori, i media e i canali di distribuzione. Di conseguenza, la filiera produttiva dietro la creazione di ogni hit è diventata sempre più lunga e impersonale. Un esempio emblematico è la storia di Old Town Road di Lil Nas X, costruita su una base acquistata online da un producer olandese sconosciuto, YoungKio, che a sua volta aveva campionato i Nine Inch Nails. Successivamente, è stato coinvolto anche il cantante country Billy Ray Cyrus. In questo contesto, il processo creativo si trasforma in una routine produttiva priva di magia. Ad esempio, Nick Cave ha dichiarato in più occasioni di andare a lavorare tutti i giorni ad orari regolari in un ufficio, quando non è in tour o in studio, come se fosse un impiegato della canzone.

Le nuove dinamiche tra fan e artisti
Nonostante tutto, il culto delle star musicali non è mai venuto meno, esistendo già ai tempi di Elvis Presley e continuando anche nell’era di Taylor Swift. Ciò che è cambiato è il mezzo attraverso cui si esprime, ovvero i social media. Questi nuovi strumenti hanno ridefinito le relazioni tra fan e artisti, coniando anche nuovi termini come “digital campfire” (piccole comunità che discutono insieme le novità sui loro idoli, spesso attraverso pagine fan su Instagram) e “Stan culture” (un termine derivato dalla canzone Stan di Eminem, che descrive fan ossessivi e tossici, combinando le parole stalker e fan). TikTok, in particolare, ha invertito i ruoli, diventando un social partecipativo e performativo che offre a fan e artisti strumenti per promuovere e trasformare la musica, fino a renderla un meme virale.

Le autobiografie come strumenti di marketing
Un altro fenomeno in crescita è quello delle autobiografie degli artisti, note come memoir, che invadono le librerie di tutto il mondo. Questi saggi, in cui gli artisti raccontano episodi della propria vita e carriera, non sono solo un modo per condividere esperienze personali, ma diventano il fulcro di progetti produttivi transmediali. Come sottolinea Sibilla, esempi come Bruce Springsteen con Born to Run (trasformato in un album, uno spettacolo teatrale e un film per Netflix), Bono con Surrender (divenuto un tour teatrale e un film in lavorazione per Apple TV+), e Paul McCartney con The Lyrics: 1965 to the Present (ora un podcast), dimostrano che oggi nulla è lasciato al caso o all’ispirazione.